La gastronomia negli ultimi anni sul nostro promontorio è cambiata radicalmente, lo stile di vita si è modificato, i ritmi di lavoro diversi, la tecnologia, la comunicazione hanno influito sul modo di pescare e sul pescato che era quello che il tempo e la stagione offriva, oggi è spesso quello richiesto dal mercato. Le case dove regnava la cucina dei pescatori, erano invase dai profumi dei pesci in tegamino, delle zuppe di pesce povero abbinate alle verdure di stagione con sconcigli, pitteri, gamberi e “spernocchie”, delle minestre di seppie e patate, dei sughi alla marinara con polpetti, calamari, gamberi e scampetti. Si preparavano le tradizionali “fiche maschie”, seccate sul peschereccio con le quali si faceva lo “stocchetto” oppure in bianco con olio e limone, le frittelle di “rossetti”, e i pesci di “terza”, quelli più poveri, che avanzavano, si friggevano e conditi con rosmarino e aceto duravano per diversi giorni oppure si salavano le acciughe, i sculmi e i tonnetti.
Si arrostivano caprignosi, sardelle, sgombri, sugarelli, cefali dalla “gargia d'oro” e zerretti. Nelle prime osterie, le "frasche", all'ora di pranzo e alla merenda c'erano uova lessate e acciughe salate condite con aglio e prezzemolo, lo stoccafisso battuto con legno sul muro e messo a bagno per un paio di giorni insieme ai ceci e cotto con cipolla, pomodoro, capperi e acciughe e il baccalà alla pizzaiola con aglio basilico olive nere e pomodoro. Oggi sia nelle case che nei ristoranti il pesce fresco è sempre il protagonista, i cucinati sono leggeri e conditi con spezie, agrumi e fiori, i tempi di cottura sono molto accorciati, i piatti prima vengono mangiati con gli occhi e poi degustati, una cucina al passo con i tempi, che ha cambiato aspetto ma che può ancora contare sulla genuinità dei frutti del nostro mare, che gli chef locali hanno il privilegio per cultura e tradizione, di conoscere molto bene e valorizzarli.

Giancarlo Alocci, fiduciario della Condotta Slow Food Argentario
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