Le torri che circondano il promontorio dell’Argentario furono costruite in massima parte nel XVI secolo per difendersi dalle incursioni dei corsari barbareschi. Questi corsari provenivano principalmente dalla Tunisia ed Algeria. L’Argentario era considerato un luogo privilegiato per le imboscate dei predoni. Gli anfratti e le cale del promontorio erano luoghi ideali per catturare pescatori e navi di passaggio, questo perché la navigazione si svolgeva lungo la costa, inoltre l’Argentario era ricco di sorgenti di acqua indispensabili per la prolungata permanenza in mare delle galere. Proprio per paura della loro presenza Porto Santo Stefano era disabitato al contrario dell’abitato di Porto Ercole che era protetto dalle mura, cosi come i paesi di Orbetello e Talamone. Lo scopo dei corsari era quello di catturare uomini da mettere ai remi delle galere e le donne da vendere nei mercati del Nord Africa o in Turchia. Essere messo al remo delle galere significava fare una vita infernale; i rematori, 5 o 6 per banco, dovevano svolgere tutte le loro attività ai banchi, vogare per ore sotto un sole cocente uno a fianco all’altro, incatenati senza muoversi per mesi, mangiare e pieni di insetti per tutto il tempo della navigazione. Le navi catturate venivano spogliate del carico che veniva venduto. Centinaia furono gli episodi che interessarono il nostro promontorio e numerose persone furono catturate. L’episodio più cruento si verificò nel 1544 quando il corsaro-ammiraglio assaltò le nostre coste rendendo schiavi gli abitanti di Porto Ercole, Isola del Giglio, Talamone e Montiano per vendicarsi del talamonese Bartolomeo Peretti, ammiraglio della flotta pontificia, che era andato a distruggere i possessi del padre del Barbarossa nell’isola di Lesbo.
All’avvicinarsi delle vele corsare echeggiava il grido “Mamma li turchi” per avvertire le popolazioni a fuggire. L’Argentario era diventato un “nido di corsari” e, a causa di questo, la navigazione era praticamente bloccata. Da Porto Ercole e Orbetello i contadini esitavano ad andare nelle campagne e a pascolare i greggi. L’unica possibilità di liberarsi dalla schiavitù era quella di riscattarsi ma solo chi era ricco lo poteva fare. Nella battaglia di Lepanto del 1571 i cristiani riuscirono a battere la flotta turco-barbaresca ma nonostante ciò gli assalti nei nostri mari continuarono anche se in misura minore. Agli inizi del XVII secolo fu costruita la Fortezza spagnola a Porto Santo Stefano e alla fine del secolo il paese iniziò a popolarsi. I pochi abitanti del paese scappavano in campagna quando si avvicinavano i corsari e al loro ritorno trovavano le loro misere abitazioni bruciate, reputandosi fortunati per avere salvato la pelle . Gli assalti si verificarono anche nel XIX secolo e nel 1813 si verifico la cattura di due santostefanesi Giuseppe Schiano e suo figlio Stefano che furono condotti in Barberia e riscattati dal governo francese di cui l’Argentario faceva parte. Gli assalti terminarono nel 1830 quando i francesi occuparono Algeri e le coste dell’Argentario furono cosi libere.

Danilo Terramoccia

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